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La voce di Fernando

Come possiamo chiamare un passatempo che dura da quasi sessant’anni? Qualcosa che si intreccia alla vita in una trama tanto fitta da diventarne parte? Forse nemmeno il termine “passione” è sufficiente. Forse potremmo persino chiamarlo “amore”.

Mi chiamo Fernando e di anni ne ho ottanta. Ne avevo poco più di venti il giorno in cui ho incontrato, quasi per caso, un amico che frequentava il mulino di mio padre. Non ricordo come abbiamo iniziato a parlare di quello che faceva nel suo tempo libero. Allora era una disciplina non molto conosciuta, ma che di lì a poco avrebbe conquistato migliaia e migliaia di persone. Avrebbe conquistato me, che l’avrei coltivata per tutta la vita. Così ho accettato il suo invito e l’ho seguito, per scoprire come si allevano le api.

La curiosità è una cosa resistente: una volta che si incendia non c’è più modo di spegnerla e la mia era già irrimediabilmente accesa. Iniziai a studiare e a leggere tutto quello che si poteva leggere e studiare. Molti dei libri li conservo ancora: ognuno dice la sua, ma almeno sulle misure son tutti d’accordo. Con quelle misure precise ho costruito le mie prime arnie, perché quando si crea qualcosa con le proprie mani, è allora che lo puoi chiamare davvero “tuo”.

I primi anni ho tribolato molto, lo confesso, perché è dopo aver chiuso i libri che si inizia a imparare davvero. Se non sei pratico, non è così semplice tirare fuori il  miele, conoscere i sistemi e le stagioni, proteggere le arnie dai predatori e dal caldo torrido, apprendere i tempi delle fioriture. E sopra ogni altra cosa non è così semplice imparare a conoscere loro: le api. La loro società in cui nulla è lasciato al caso e la difesa della propria famiglia è il valore più importante, tanto da richiedere spesso il più grande dei sacrifici, che per noi si traduce in una dolorosa puntura. Difesa, cura e protezione: non siamo poi così diversi, noi e loro. Sappiamo cos’è davvero importante.

Forse è anche per questo che il  miele che raccolgo di solito lo tengo per la mia famiglia: mia moglie lo sa usare per preparare torte. La mia preferita è la sua crostata, con un bello strato di miele spalmato sotto i pezzi di fragola o di albicocca. Ma si può gustare anche al cucchiaio, magari prima di andare a dormire. Poi io tengo sempre a portata di mano una boccetta di propoli, fatta in casa e naturale: con poche gocce tutto passa, dal mal di gola al mal di denti.

A forza di sentirmi parlare delle api, mia moglie ha imparato molto e ormai è una vera esperta. Mia figlia, con me e con loro, ci è cresciuta. Forse, ancora senza saperlo, era per lei che durante i primi anni raccoglievo appunti nei miei quaderni. Mi ha sempre aiutato, ma adesso ha deciso di imparare a fondo: mi ha già fatto acquistare la tuta e tutta l’attrezzatura. L’altro giorno si è presa le sue belle punture, ma la passione non ne ha risentito, perché è la nostra passione, legata alla storia della nostra famiglia. Continuare a coltivarla è il solo modo per tramandarla e non perderla. Per stupirsi, come fosse la prima volta, della straordinaria vita delle api che hanno accompagnato e continueranno ad accompagnare anche la nostra vita.

Crediti:
Testi di Carlotta Fiore
Foto di Diego Rosselli






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